giovedì 29 giugno 2017

AUTORITÀ IDRICA CALABRESE: UNA LEGGE REGIONALE CHE NON MUTA GLI ASSETTI DI POTERE



Il 12 maggio, ad un mese esatto dal sesto anniversario della vittoria referendaria per l’acqua bene comune, il Consiglio Regionale ha approvato il testo di legge n.18/2017 “Disposizioni per l’organizzazione del servizio idrico integrato”, un dispositivo di 26 articoli in netta antitesi sia con il volere popolare cui accennavamo prima, sia con la proposta di legge regionale di iniziativa popolare proposta dai diversi movimenti facenti capo al Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “B. Arcuri” e depositata, insieme ad oltre 11mila firme a sostegno, oramai quattro anni fa.

Analizzando attentamente il testo, che è a tutti gli effetti legge regionale, proviamo a capire come sarà articolato il servizio idrico integrato nella regione Calabria, quale sarà il futuro della SoRiCal SpA e soprattutto come saranno strutturate le centrali del potere decisionale.

La nuova legge detta le norme in materia di organizzazione del servizio idrico integrato calabrese riconducendolo di fatto (come era ovvio aspettarsi visto che lo impongono le leggi nazionali) ad un “servizio pubblico di interesse generale” con il riconoscimento e l’istituzione dell’Autorità Idrica Calabrese (AIC) come ente pubblico non economico rappresentativa dei comuni della Calabria tutti ricadenti nell’Ambito Territoriale Ottimale unico e coincidente con l’intero territorio regionale.

Ma cosa farà questa AIC? Di fatto svolgerà le funzioni già attribuite ai soppressi 5 ATO provinciali. Fin qua quindi nulla di nuovo da un punto di vista amministrativo; un testo fortemente in linea con quella che è la nuova strategia liberista del Governo Renzi/Gentiloni e cioè quella di accentrare nelle mani di pochissime lobby affaristico-internazionali la gestione del servizio idrico integrato.

Più volte, anche da queste pagine, abbiamo denunciato la perversa linea dell’ex ministra Madia di mutare un principio base della cosiddetta legge Galli quello della “unitarietà del Servizio” trasformandolo, con un piccolo artifizio letterale, in “unicità del Servizio”.
Questo nuovo paradigma gestionale spiana la strada alle Multiutility che già da tempo generano i loro lauti profitti sul territorio nazionale, trovando le condizioni più vantaggiose per accaparrarsi la gestione delle risorse idriche là dove esiste appunto un ambito ottimale unico e un’altrettanta unica forma gestionale senza quindi dover dipanare la matassa ad esempio, delle tante forme gestionali diffuse sul territorio e senza doversi scontrare con le tante comunità locali che, in questi anni di lotta per la difesa dell’acqua, hanno saputo dimostrare come nessun profitto sia possibile sulla pelle e la salute dei cittadini.

Come è facile intuire, un ricco e corposo tesoro, tutto concentrato in un unico forziere, è decisamente più facile da depredare!

Possiamo quindi affermare con forza che il testo di legge regionale va in questa direzione: creare le condizioni migliori affinché una qualsiasi multinazionale possa allungare i propri tentacoli sul “ricco e corposo tesoro”.

Oggi sono tante le multinazionali che hanno le “carte in regola” per diventare il nuovo ed unico soggetto gestore, senza dimenticare, poi, che alcune di queste hanno già operato in Calabria (la Veolia ad esempio) ed altre continuano a farlo nel settore idroelettrico come, ad esempio, la A2A.

Oggi tutti i cittadini calabresi stanno pagando a caro prezzo i danni (400milioni di debiti) prodotti da una gestioni totalmente fallimentare quale è stata quella della multinazionale francese Veolia (socio privato della Sorical SpA) e, nonostante tutto, il nuovo testo di legge, fortemente voluto dall’asse Oliverio-Pallaria, continua a permettere l’azioni predatoria del privato sul territorio calabrese.

Nonostante la Sorical SpA sia a tutti gli effetti in liquidazione dal 31 dicembre 2015, il suo spettro si aggiri ancora tra gli uffici della Regione Calabria. L’Assemblea dell’AIC, oltre a definire tariffe e forma di gestione, dovrà provvedere “alla regolamentazione dei rapporti con il fornitore d’acqua all’ingrosso”. Chi sarà mai questo “fornitore d’acqua all’ingrosso”? Ecco allora che lo spettro perde la sua immaterialità ed assume la consistenza della “vecchia ed amata” Sorical SpA!

Questo provvedimento normativo da una parte accentra i potere e semplifica i meccanismi di privatizzazione (in una solo parola mantiene lo status quo), dall’altra - come vedremo - riduce drasticamente la partecipazione delle comunità locali (per quanto questa possa essere utile visto che è sempre filtrata dal piano istituzionale) individuando soltanto 40 comuni (su 405) che andranno a costituire l’assemblea dell’AIC. Cinque di essi sono già individuati per legge come aventi diritto a partecipare all’assemblea e sono ovviamente i 4 comuni capoluogo di provincia (Cosenza, Catanzaro, Vibo e Crotone) più la città metropolitana di Reggio Calabria.
Restano quindi da definire, tramite il meccanismo del voto, i restanti 35 comuni che andranno a formare l’assemblea dell’Autorità Idrica Calabrese.

Un meccanismo che stritolerà di fatto le piccole comunità sotto i 5mila abitanti che, vogliamo ricordarlo, rappresentano oltre l’80% dei comuni calabresi.

L’unico strumento di difesa in mano ai comuni saranno le Conferenze Territoriali di Zona (CTZ) articolazioni periferiche dall’AIC dove, in rappresentanza dei comuni, potranno partecipare tutti i sindaci ricadenti nella CTZ la cui operatività è estesa ai soppressi ambiti territoriali ottimali che erano su base provinciale. E’ inutile sottolineare che le CTZ hanno un potere abbastanza limitato rispetto a quelli attribuiti all’assemblea dell’AIC che diventerà, quindi, il cuore del potere decisionale (tariffe, scelta del tipo di gestione e regolamentazione con il fornitore all’ingrosso).

Il meccanismo, in definitiva, è sempre identico: difesa dello status quo, più poteri ad alcuni sindaci, privatizzazioni e tutto questo senza alcuna possibilità da parte delle comunità locali di autodeterminarsi rispetto, ad esempio, alle forme di gestione del servizio idrico.

Nessuna forma di partecipazione popolare è prevista nel testo di legge, se non un fantomatico ed infelice “Comitato consultivo degli utenti del servizio idrico e dei portatori di interessi” che nulla ha a che fare con il paradigma partecipativo, sostenuto e portato avanti dai movimenti di lotta per l’acqua, inteso come reale potere decisionale da dispiegare e praticare direttamente sotto forma di partecipazione popolare, dei comitati e dei movimenti in difesa del territorio.

Un testo di leggi, per nulla avanzato quindi, che da una parte si allinea al diktat dei poteri centrali e dei mercati, dall’altra tenta di superare l’impasse regionale nella quale siamo piombati dopo la fallimentare e catastrofica gestione Veolia contraddistintasi da una pratica di tipo affaristico-clientelare balzata agli “onori” della cronaca con una serie di operazioni giudiziarie (Ceralacca, Ceralacca 2, scandalo Alaco, Corte dei Conti, ecc.) che hanno tracciato un quadro abbastanza chiaro su quale fosse il “profilo aziendale” del colosso multinazionale francese.

In un quadro così disarmante, ai movimenti di lotta per l’acqua non resta che riprendere e continuare con più efficacia le proprie battaglie territorio per territorio, non retrocedendo di un centimetro rispetto alle rivendicazioni che da sempre hanno caratterizzato il variegato movimento: difesa dell’acqua, dei beni comuni, ripubblicizzazione e partecipazione diretta.

Oggi con un contesto normativo regionale che, in maniera subdola, cerca di delegare le scelte ai Comuni, le lotte dovranno concentrarsi maggiormente sul piano delle pratiche territoriali, conquistando ulteriore agibilità nelle lotte, per inchiodare i sindaci alle proprie responsabilità politiche e per riappropriarsi di ciò che ci appartiene!


[Articolo pubblicato su COTRONEINFORMA n°131/2017]

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